venerdì 23 maggio 2014

Gli articoli di "Cavoloverde" - Intervista allo Chef Fabio Campoli

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Fabio Campoli, lo chef con la musica nei piatti

Dalla televisione alla scuola di cucina, un personaggio a tutto tondo

Scritto da Daniela Perrone

Fabio Campoli, lo chef con la musica nei piatti (articoli cibo CavoloVerde n.1732) Roma, 29/7/2013 - Il grande pubblico lo conosce come lo chef di Rai Uno. Da dieci anni è consulente e Chef di trasmissioni televisive. La sua avventura televisiva comincia nel 1998 con Uno Mattina e Uno Mattina estate, la "Prova del cuoco", "Chek Up", "Uno mattina sabato e domenica", fino a Rai sport.
Dal 2013 è il volto di Rete 4 con la rubrica "La mia cucina all'Italiana".

Testimonial, docente e consulente per aziende, organizzatore di eventi, è tra i maggiori esperti internazionali di food design. Quattro libri all'attivo: "L'alchimia dei Sapori", "La mia cucina semplice,rapida e salutare", "Note di Gusto" e "Il mattino ha l'oro in bocca".

Inoltre è Presidente del Circolo dei Buongustai e nel 2008 "Autentica, Scuola di Cucina Italiana”, la scuola ufficiale del Circolo dei Buongustai, di cui è direttore e docente di corsi dedicati a professionisti e appassionati gourmet e da cui ha intenzione di tirar fuori le nuove leve della gastronomia italiana.

D - Come nasce lo Chef Fabio Campoli?

FC - Lo chef Fabio Campoli è il frutto di un’evoluzione continua e di un’idea che si è trasformata in realtà, in cui più che lo chef c’è il cuoco. Ho alle spalle un percorso di 28 anni ai fornelli, di cui 15 passati in tv e perseguendo la filosofia di un nuovo modo di fare cucina e soprattutto cultura della gastronomia.
D - Quali sono le caratteristiche principali per la buona riuscita di un piatto?

FC- Avere gli ingredienti giusti. Ma non quelli soliti, o almeno non solo quelli. Secondo me per la buona riuscita di un piatto c’è bisogno di una speciale alchimia tra tecnica, esperienza, formazione, personalità, senso artistico, sapere (ad ognuno il suo), esperienze di vita, emozioni. Tutte queste cose compongono le ricette degli chef. Perché la ricetta non è quello che si gusta, ma ciò che ci sta dietro. E’ proprio questo che dà il vero sapore al piatto.

D - Quali sono le tue considerazioni riguardo la professione di cuoco oggi… Cosa manca e cosa invece bisognerebbe eliminare (anche riguardo all'ipotesi di creare un vero e proprio Albo dei cuochi così come per gli avvocati etc) ?

FC - In ogni epoca c’è il buono e il cattivo o il bianco e il nero, non si può generalizzare. La grande distinzione va fatta tra chi rispetta il commensale e chi no. Chi rispetta il commensale acquista e sceglie le materie prima con coscienza, ha una educazione all'accoglienza, una formazione per la gestione del lavoro, l'igiene degli ambienti, i metodi di cottura e di conservazione,il senso del gusto. E questo è il vero professionista: cosciente di ciò che sa e di ciò che fa. All’altra categoria appartengono il commerciante "truffatore" che non ha rispetto del commensale e vuole fare soldi in modo facile, un esempio è chi fa uso di cibi scaduti, contraffatti, chi non cura l‘igiene del proprio posto di lavoro (i casi di cronaca sono diversi). Accanto a questo c’è poi colui che chiamo benevolmente "l’incosciente – ignorante", colui che si improvvisa cuoco, ma senza avere regole e formazione giusta, destinati a concludere velocemente la loro carriera di chef. Alla luce di ciò secondo me è necessario stabilire e provate, più che un Albo, una soglia di professionalità al di sotto della quale non si può scendere.

D - Cosa pensi del boom di giovani "chef fai da te" esplosa grazie ai talent televisivi?

FC - Oggi è un momento positivo per la cucina, grande visibilità per questo mestiere che fa bene non solo agli chef, ma anche all’enogastronomia italiana e ai nostri prodotti. C’è una generazione di cuochi nuovi e bravi, che portano avanti con passione il proprio mestiere. I talent, che mettono sotto la luce della ribalta "l'autodidatta" o "il cuoco fai da te" sono giochi, veri e propri show, non programmi di informazione. Il rischio che si corre è di far credere ai giovani che si cimentano nel mestiere che tutto sia possibile. Ma fare cucina è un’altra cosa. Non esistono scorciatoie in questo mestiere.

D - Più soddisfazioni o più rimpianti, ossia c'è qualcosa alla quale senti di aver rinunciato per seguire la sua professione?

FC - Tante soddisfazioni sicuramente. Forse l’unico rimpianto è quello di aver rinunciato alla mia vita personale e ai miei affetti, che a causa dei tanti impegni di lavoro si tendeno a trascurare.

D - Qual è stato il suo primo piatto cucinato, come è stato giudicato e da chi?

FC - Sono cresciuto nella cucina di famiglia. mia madre e mia nonna sono state le mie muse ispiratrici di questo percorso. Poi avevo una cavia prediletta, mio zio Fernando. Gli ho fatto mangiare di tutto con la sua grande approvazione.

D - A cosa ti ispiri per la creazione dei suoi piatti?

FC - Tutto diventa ispirazione. La mia cucina è alimentata da idee e da nuovi progetti che con il Circolo dei Buongustai, l’Associazione di cui sono presidente, realizziamo. La cultura sta alla base del nostro lavoro, è la linfa della nostra cucina e delle nostre tante attività.

D - Se ci fosse la possibilità di mettere un tuo piatto all'interno di una banca dati della memoria così come è stato fatto in passato quando spedirono la sonda pioniere che raccoglieva in sintesi la storia della terra con le proprie opere d'arte, musica, quadri, libri etc . quale piatto sceglieresti per essere ricordato e perché?

FC - Più che un piatto mi piacerebbe scrivere e lasciare ai posteri la mia quotidiana sperimentazione, le esperienze fatte ai fornelli . Essendo un innovatore e al tempo stesso un appassionato di storia mi piacerebbe lasciare “il sapere” (tanto o poco che sia), che possa essere d’aiuto a chi verrà dopo.

D - Quale sarà la tua prossima sfida?

FC - Daniela: ”fammene fa n’artra…” Ultimamente mi cercano per i lavori più strani, ogni giorno è una sfida…

D - Ultima domanda: Qual è la domanda che ti piacerebbe ti fosse rivolta me che
nessuno finora le ha mia fatto? (ovviamente con la risposta)

FC - Visto che sono un appassionato di storia mi piacerebbe che mi domandassero: in quale epoca storica ti sarebbe piaciuto vivere e lavorare come chef? Risposta: La mia preferita… Dal 1800 al 1850, all’epoca di Marie-Antoine Carême e di altri importanti protagonisti , dove la cucina vive un gran fermento e grandi rinnovamenti . Un po' quello che stiamo vivendo oggi, ma in una chiave completamente diversa e di scoperta.

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